“Vieni, Johann! Vuoi mettere il sello sulle credenciales?”
“Sì, mamma!”
La signora – si chiama Maria – gli passa il necessario, lui timbra i nostri passaporti di pellegrini e legge: “Higos, agua y amor!”
Quello che basta per stare bene in un giorno di quasi estate.
Due chiacchiere più o meno scontate, sul tempo che fa e su quanto manca a Logroño, poi un’ombra oscura il suo viso. Mi dice: “Cuida de tu hijo, qué no se canse demasiado en el Camino”.
“Este niño es mi vida”, le rispondo, come potrei non aver cura di lui?
Allora succede qualcosa. Uno di quei momenti che non sai bene come raccontare, né se puoi raccontarlo talmente è intimo. Uno sguardo, un sorriso quasi triste, silenzio e poche, scarne parole. Racchiudono l’anima di chi le pronuncia e di chi le riceve. Somos madres, mi dice, ellos son nuestra vida. Suo figlio è morto più di dieci anni fa, e non c’è giorno in cui lei non lo senta vicino. Le lacrime, l’abbraccio che ci scambiamo, la carezza che dà a Johann. Somos madres, ellos son nuestra vida.
Inutile. Gli occhiali da sole non le nascondono. Come te lo spiego, bambino mio, che queste lacrime sono di infinita pena e di infinita felicità allo stesso tempo? Mi chiedi perché io e quella signora piangevamo, perché piango anche adesso. Io non voglio che tu mi veda triste, ma qui non ho dove nascondermi. Piango per Maria che non ha più suo figlio e per tutte le Marie del mondo, perché siamo mamme e siamo tutte uguali sotto ogni cielo, giovani, vecchie, disperate e felici, battagliere e stanche, bellissime e vive, mai sazie di vedervi crescere e andare incontro alla vostra strada, voi che siete la cosa più bella della nostra vita.
Niente, non te lo spiego, mi soffio il naso, mi asciugo gli occhi e cerchiamo papaveri da fotografare per tua nonna. Sono bellissimi, in mezzo al grano dorato.”
(Fotografia e testo di Elisabetta Orlandi – Tutti i diritti riservati)
da Unmilioneottocentomilapassi. Io, il mio bambino e il Cammino di Santiago, E. Orlandi, Edizioni Paoline, 2012