3 giugno, mattino
“Apro la zip della tenda: una fittissima nebbia regala al paesaggio una dimensione surreale. L’aria profuma di montagna, di erba bagnata, di terra. I rumori arrivano ovattati, svaporano nel grigio. Non si riconoscono i contorni delle cose, gli alberi sembrano prendere forma poco a poco e poi mutarsi in creature fiabesche.
Uno, in particolare, richiama la mia attenzione: un grande faggio, isolato, dal tronco forte ed i rami aperti nel grigio perla dell’alba, al limite tra realtà ed immaginazione. Non so perché mi attiri tanto, sembra voglia dirmi qualcosa: è come se mi sussurrasse parole di incoraggiamento, di conforto.
Ora, io con gli alberi ci ho sempre parlato, mi sento un po’ albero anch’io: radici forti, piantate nella terra scura, e rami svettanti ad accarezzare il cielo, a danzare nel vento. Ci guardiamo, io e questo bellissimo faggio dei Pirenei, e poi mi regala un sorriso, un abbraccio di rami, la sensazione che anch’io, come lui, emergerò poco a poco dalla nebbia, troverò il mio posto nel mondo.”
(Fotografia e testo di Elisabetta Orlandi – Tutti i diritti riservati)
da Unmilioneottocentomila passi. Io, il mio bambino e il Cammino di Santiago, E. Orlandi, Edizioni Paoline, 2012